Mi piacerebbe rispondere a questa
domanda con un “SI” convinto, deciso ed enorme, ma dopo tutti questi anni, in
cui ho vissuto da vicino il problema e condiviso anche i problemi di altre
famiglie, vi posso dire che purtroppo guarigioni totali non ne ho mai viste….però
se si percorrere il giusto cammino, con tanta forza di volontà, si può
raggiungere l’obiettivo di dare una vita dignitosa e di qualità a chi ha la
sfortuna di soffrire di questa malattia.
Ricordatevi che tutto quello che
ho scritto e che ritengo necessario, deve essere totalmente realizzato, la
mancanza anche di un attore nella “squadra vincente” pregiudicherà il
raggiungimento dell’obiettivo.
Bisogna quindi porsi delle
domande fondamentali:
·
“quanto sono pronto a sacrificare per
raggiungere l’obiettivo?”
·
“quanto sono disposto a lavorare per raggiungere
l’obiettivo?”
·
“quanto sono disposto ad ascoltare, leggere e
studiare per raggiungere l’obiettivo?”
·
“quanto sono disposto a modificare il mio modo
di pensare per raggiungere l’obiettivo?”
Se a queste domande la vostra
forza di volontà, il vostro cuore, risponderanno positivamente, allora sarete
in grado di riuscirci.
Dico questo perché la nostra
famiglia ha dovuto confrontarsi con queste domande e non sempre ho visto negli
occhi di altri familiari queste convinzioni.
Ma bisogna anche stare attenti a
non cadere nella spirale dei “sensi di colpa” per non essere riusciti a
risolvere la situazione, esiste un fattore importantissimo, perché tutto il
lavoro che ho descritto possa raggiungere gli obiettivi: chi soffre
direttamente (il vostro caro o voi stessi), se ha avuto tutti i supporti
necessari, deve dimostrare di avere la volontà di uscire dal tunnel.
Se questa volontà manca e
preferisce lasciarsi andare o peggio preferisce vivere alle spalle della Società
o della propria famiglia, perché è più comodo, allora forse i problemi sono
altri e non sono imputabili ad un vostro fallimento o alla “sofferenza
mentale”.
Fortunatamente mamma ha
dimostrato di avere questa volontà.
All’inizio del tracollo ci
domandava “cosa mi sta succedendo?” e nei brevi momenti di lucidità cercava di
reagire, anche facendosi del male, per recuperare un contatto con la realtà, era
il suo modo di ribellarsi, di cercare aiuto.
Anche oggi quando passa un
momento negativo, cerca di porvi rimedio autonomamente, prima di chiederci
aiuto, la sua volontà a pieno titolo fa parte della “Squadra vincente”.
Oggi mia madre passa dei periodi
buoni e dei periodi meno buoni, abbiamo imparato ad accettarli e a supportarla
dove non riesce autonomamente, ogni tanto facciamo degli aggiustamenti.
Il percorso non finirà mai, ma
abbiamo raggiunto, sia noi che lei, una
dignità di vita.
L’intensità del lavoro, che
abbiamo prodotto nei primi cinque anni, non è più la stessa, alcune cose le abbiamo
addirittura abbandonate: il calendario giornaliero, le sedute dallo Psicologo,
la palestra (oggi fa la cyclette in casa…quando le lo ricordo), perché avevano
raggiunto gli obiettivi per le quali servivano e quindi il loro compito era
terminato.
E’ normale che al raggiungimento
dell’obiettivo di una buona qualità di vita, ci sia un calo di tensione da parte
di tutti, per rifiatare e recuperare una propria vita personale.
Non bisogna però allontanarsi
troppo, “la barca ha sempre bisogno ogni tanto di essere direzionata”.
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