La svolta




In tutto questo tempo, fatto di delusioni e ricoveri avevo capito una cosa: “che non avevo capito” perché mi mancavano le conoscenze per valutare il problema dal punto di vista giusto, per comprendere che indirizzo prendere.
La testimonianza delle varie terapie, dei tanti consulti, finiti nel vuoto, era per me la prova che questi “Specialisti”, a mio modo di vedere, non avevano capito nemmeno loro, o peggio, non avevano avuto la pazienza di provare a “capire”.
La prassi era sempre la stessa, andavi da uno psichiatra, lui ti ascoltava, poi ti dava una terapia e ci si rivede fra un mese o nei casi peggiori ti ricoverano, ma l’approccio anche in ospedale non variava di molto, più hai problemi più ti aumentano la dose di farmaco o al massimo cambiano la terapia.
Senti tanti discorsi alla televisione da mega Professori sul modo giusto di affrontare il problema; la ricerca farmaceutica produce sempre nuovi farmaci che dovrebbero essere miracolosi, eppure questa è la prassi che ho trovato, quando è scoppiato il mio problema familiare.
Sapete perché questa prassi è la più diffusa? Perché ha molti vantaggi: fa vendere molti farmaci, è meno impegnativa per lo Specialista, le Cliniche private fanno molti soldi come le Strutture sanitarie a lungodegenza, dove sono richiusi gli ammalati considerati senza speranza.
Alla fine è sempre la solita storia paghi perché il “Sistema” possa continuare a farti star male, diventi un affare economico.
Avete letto? Ho citato il “Sistema”…. Si perché spesso i Medici non sono nemmeno consapevoli di quello che combinano, qualcuno ha insegnato loro ad agire in questo modo, qualcuno (il “Sistema” appunto) ha voluto che Medici incompetenti siano il tuo punto di riferimento, perché se tu che stai male migliori, tutto il business che c’è sotto va a farsi benedire.
Il loro approccio, a mio avviso, è quello giusto per far arricchire “qualcuno”(dalle Case Farmaceutiche alle Lobby nel campo Sanitario) e gli ammalati sono la linfa indispensabile di questo circolo vizioso.
Le spese dei Dipartimenti di Psichiatria sono fra le più ingenti nel budget del Sistema Sanitario.
Con questo non voglio dire che mia madre si è ammalata per colpa del “Sistema” ma di certo, sfruttando la sua debolezza, hanno contribuito a mandarla sempre di più “fuori di testa”, magari inconsapevolmente ma con un filo invisibile che li coordinava.
Forse vi sembrerà che queste considerazioni siano fatte da un assiduo lettore di “Libri Gialli”, che vede complotti sotto ogni sasso, eppure questa è l’idea che mi sono fatto, altrimenti non mi spiego così tanta mancanza di professionalità e di coordinamento nell’affrontare queste problematiche, con le conoscenze che ormai ci sono in questo campo.

Ma in questo caso, si trattava di mia madre, una persona a cui sono molto legato e non riuscivo ad accettare quello che mi dicevano, anche per le sensazioni che percepivo e che vi ho citato.
Ho perciò letto e studiato libri che mi hanno consigliato, ma soprattutto ho usato uno strumento  potentissimo: INTERNET.
Nella rete Internet ho trovato tanti racconti di casi simili, siti web, dove si descrivevano sintomi e protocolli di verifica diagnostica per capire se si tratta di questa o quella patologia.
Ho imparato la differenza fra “psicosi” e “depressione”, quali sono gli esami per valutare se una persona ha una “degenerazione mentale”, comunemente detta “demenza”.
Mi sono documentato su quali terapie sono considerate le migliori al mondo,  perché internet ti permette di capire quello che hanno fatto in tutto il mondo, per cercare di risolvere questi problemi.
Avevo quindi a disposizione una banca dati enorme su cui informarmi e cominciare finalmente il mio percorso per… “CAPIRE”.

Ma come avrei potuto avere il tempo di continuare a studiare? Di continuare a “capire”?... se mamma ritornava a casa non c’era tempo, c’era solo il “problema” da gestire, senza contare che, in tutto questo periodo, ho sempre lavorato, sfruttando permessi, le ferie e spiegando i miei problemi ai  colleghi, che per almeno un anno, mi hanno agevolato e per questo gli sono grato (grazie Diego, Elio, Olivo).
Visto il pericolo costante per se stessa e per gli altri e poiché le Strutture sanitarie se ne lavavano le mani, abbiamo deciso, come familiari, di fare un Esposto alla Polizia di Stato, per denunciare lo stato di abbandono e di pericolosità in cui versava mia madre.
Da qui in poi abbiamo avuto, finalmente, un po’ di fortuna, una Dottoressa di Psichiatria dell’Ospedale Civile ci consigliò l’ennesima Clinica privata a Vicenza che al suo interno aveva anche un Centro Studi, non solo per la Depressione, ma anche per malattie Neurologiche.
Il Commissario di Polizia, sulla base del nostro Esposto, fece un’audizione al Direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Civile lo stesso che voleva scaricare il caso, contemporaneamente mi misi in contatto con il Responsabile del reparto di Psichiatria di questa nuova Clinica di Vicenza.
Dopo un lungo colloquio e viste tutte le carte ed esami, mi spiegò che, secondo lui, si trattava di una  “Depressione Maggiore” con risvolti anche neurologici e che per situazioni come queste i ricoveri di brevi periodi sono un danno e non una cura.
A suo dire, bisognava dedicare molto più tempo alla “questione” in un ambiente non casalingo, un “tempo” che non fosse dedicato solo al farmaco, ma anche ad attività ludiche, quindi mi consigliò un ricovero presso di loro per minimo otto mesi.
La retta era enorme e se la nostra ASL non avesse concesso il ricovero in convenzione, non avremmo potuto economicamente sopportare la spesa, senza vendere la casa di famiglia.
Voi ora probabilmente starete pensando quello che pure io ho pensato… ”ecco la solita Clinica privata mangia soldi”.
Questa Clinica aveva qualcosa di diverso, era più curata, non c’erano porte chiuse, gli ammalati erano in giro per il Reparto o per il parco, aveva una palestra, una sala disegno e una sala mensa per mangiare tutti assieme, dove gli stessi ammalati preparavano a turno la mensa.
Insomma, sarà stata la disperazione o la diversa sensazione che percepivo, mi convinsi di provare un ennesimo ricovero.
Perciò feci pressioni presso i Funzionari della Direzione della nostra ASL, dove incredibile ma vero, trovai più interessamento rispetto al Dipartimento di Psichiatria; inoltre la visita del Commissario di Polizia, presso il Dirigente dello stesso Dipartimento, aveva scosso quest’ultimo.
Per farla breve, l’insieme delle due cose costrinse il Dirigente di Psichiatria a concedere e quindi firmare i moduli di accreditamento della struttura di Vicenza, con il conseguente “via libera” al ricovero, solo per tre mesi e poi, dopo verifica, eventuali altri tre mesi.
Vista la situazione in cui versava mamma, incapace di intendere e volere, fummo costretti anche ad avviare la procedura “ dell’interdizione”, per poter decidere senza il suo consenso, dove e quando ricoverarla.
Il Delegato del Giudice Tutelare fece visita al Dirigente di Psichiatria che gli confermò, “senza ombra di dubbio” a suo parere, che mamma era “Demente”.
Mentre scrivo questi fatti, mi ritorna alla memoria la frase che questo “sedicente” psichiatra, nonché Dirigente di Dipartimento mi disse: “Non mi importa cosa dicono i Neurologi, potete andare anche dal premio Nobel di Neurologia, ma io vi dico che vostra madre è DEMENTE e la depressione non c’entra nulla…”.
Ecco un caso, come tanti, di Specialista e per di più Dirigente di un Reparto, che con troppa velocità decide la Diagnosi di un ammalato senza valutare con accuratezza le varie possibilità.

Con mamma “interdetta” e con l’ok della ASL per ricoverarla a Vicenza, in pochi giorni organizzammo il trasporto.
Ora avevo tempo per dedicarmi al “Capire”, tempo per imparare e per studiare.
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Informarsi, studiare, imparare



Avevo cominciato a leggere e a studiare, già prima del ricovero di Vicenza ed avevo iniziato a fare domande tecniche sui farmaci e sulle procedure di diagnosi a questi “sedicenti” psichiatri.

Con sorpresa, mi accorgevo, sempre più spesso, che c’era riluttanza e imbarazzo quando ponevo certe domande, spesso questi Specialisti si trinceravano dietro la frase “lei è uno Psichiatra?? Io lo sono e quindi si fidi”, in pratica non volevano darmi spiegazioni sul loro operato.

A tal proposito, inserirò in questo mio scritto degli allegati, che mi sono stati molto utili per capire le varie famiglie di farmaci e le loro caratteristiche di utilizzo.



Decisi di seguire due strade per informarmi e capire tramite i dati in mio possesso: la strada della “depressione/psicosi”(causa psicologica) e la strada della “degenerazione mentale o Demenza”(causa neurologica).

Ho scoperto che ci sono diverse forme di psicosi, di depressione e di degenerazione mentale, molti sintomi sono simili tra loro, mentre altri sono tipicamente unici, era quindi necessario fare una lista dei sintomi di mamma e confrontarli con le varie descrizioni delle patologie, per poi prendere in considerazione solo quelle che più corrispondevano al nostro “caso”.



Una volta selezionate le possibili patologie, si doveva rapportarle alle varie terapie che avevamo provato fino a qui su mamma, e confrontarle con quelle più consigliate nella rete mondiale, allo scopo di valutare se l’approccio, seguito dai medici che fin qui avevamo incontrato, aveva un senso.

A poco a poco mi feci l’idea che le varie terapie, somministrate fino a quel momento avevano colpito nel “mucchio”, infatti, gli specialisti avevano prescritto degli antidepressivi per la “Depressione”, degli antipsicotici o neurolettici per colpire la “Psicosi” e vari ansiolitici per colpire gli stati d’ansia, che spesso sono frutto delle prime due patologie.

Gli psichiatri avevano perciò deciso di non valutare in modo approfondito il problema, ma si erano limitati a seguire la via del “di tutto un po’” e poiché questo metodo non funzionava, hanno spostato il tiro sull’aspetto neurologico, inserendo esami clinici per valutare se era in corso una degenerazione mentale.

Spesso avevano prescritto, da subito, dosi normali o anche superiori alla norma, senza gradualità nell’inserimento, senza una valutazione attenta degli effetti collaterali; insomma mi sono fatto l’idea, che avevano agito frettolosamente e non avevano dedicato più tempo nel verificare l’andamento della situazione.

Gli esami neurologici non avevano dato dei risultati certi, ma solo delle indicazioni e, secondo il “Protocollo Nazionale” emesso dal Ministero della Sanità (trovato anche questo in Internet), non c’erano dati sufficienti per definire che si trattasse di una “Demenza” (come Alzheimer o di altro tipo).

In ogni documentazione da me raccolta, si evidenziava chiaramente che una terapia, se non adeguata, produce effetti collaterali che danneggiano anche l’aspetto neurologico di chi l’assume.



In seguito mi sono chiesto: “ma cosa succede nel cervello, quando vieni colpito da una delle patologie che ho citato?, come interagiscono i farmaci con quello che succede nel cervello?”.

Cercherò di spiegarlo in modo semplice sulla base di quello che ho capito studiando...il nostro cervello produce delle sostanze ogni qualvolta che pensiamo, proviamo emozioni, facciamo cose che ci danno piacere o dispiacere, quando vediamo una cosa bella o brutta, quando facciamo attività, ecc.; ed in base a questa produzione, regoliamo il nostro comportamento di conseguenza, infatti ridiamo, soffriamo, reagiamo, aumentiamo l’attenzione, lo sforzo fisico, ecc.

Quando non c’è il giusto equilibro di produzione di queste sostanze (perché troppa o troppo poca), ecco che compare un “disagio mentale” che colpisce anche il nostro “comportamento” ed anche la buona funzionalità del nostro fisico e delle nostre funzioni biologiche.

Le sostanze, che regolano tutto questo, sono molte e non tutte conosciute, nella “Malattia mentale” spesso si parla di: Serotonina, Noradrenalina, Dopamina, Adrenalina, ecc., questi nomi identificano alcune di queste sostanze che regolano il nostro modo di “Essere”.

La Scienza ha identificato come alcuni comportamenti anomali, causati ad esempio dalla “depressione”, sono legati ad uno squilibrio della Serotonina e non solo, altri come la “psicosi” sono legati alla Dopamina, ma le interazioni sono molte varie e complesse.

La giusta produzione di queste sostanze, non è solo il frutto di un buon funzionamento del cervello (ecco perché al Capitolo 1° avevo citato il termine cause “fisiologiche interne”), ma anche del tipo di vita (quindi anche da cause esterne) che conduciamo, non è quindi facile capire se il problema nasce dall’interno oppure se è causato dall’esterno o da entrambi.

E’ quindi fondamentale, avere la pazienza di capire chi è la persona che sta soffrendo, che vita ha fatto, che vita conduce, l’eventuale predisposizione familiare analizzando la sua genetica familiare e ricercando se altri familiari hanno sofferto di “Malattia mentale”.

Tutto questo per capire se ci sono solo cause interne (fisiologiche o genetiche) o anche esterne e quali hanno il maggior peso.

Questo compito è oggi, nel nostro Sistema Sanitario, assegnato alla Psichiatria, che dovrebbe quindi avvalersi anche della collaborazione di Specialisti Psicologi, ma troppo spesso questo connubio non esiste.

Lo Psichiatra, da solo, non basta per seguire e valutare un ammalato, serve un Team di lavoro (un gruppo di Specialisti).

In un prossimo Capitolo, vi svelerò secondo me, quale gruppo di Specialisti bisogna interconnettere tra loro, per creare un buon Team vincente.



E’ innanzitutto prioritario, escludere la possibilità che la causa sia la conseguenza di una malattia esclusivamente interna, come per esempio: Alzheimer, Parkinson, neoplasie (tumori) celebrali, ictus, problemi vascolari o ormonali come il mal funzionamento della tiroide.

Perciò prima di iniziare delle terapie bisogna escludere questa eventualità, tramite una serie di esami diagnostici come: Tac cerebrale, Risonanza magnetica cerebrale, ecografia dei tronchi sovraaortici, encefalogramma, esami del sangue, Pet, Spect, test neurologici, ecc., questo compito è di pertinenza della Neurologia e della Medicina di Base in genere.

”Quanti esami da fare!”, ma visto la complessità del problema più informazioni riuscite a raccogliere, anche attraverso esami diagnostici, e meglio è.

Ci sono tantissime persone che sono state rovinate da diagnosi incomplete, frettolose, e quindi curate per anni in modo sbagliato.

Se dopo tutte le verifiche diagnostiche, non avete trovato un’evidenza, intendo evidenza concreta e non un’indicazione o un “potrebbe essere” (attenti a non farvi rimbalzare da una Reparto ad un altro), che la sofferenza è generata da cause “fisiologiche interne”, allora la competenza del “caso” è di “Psichiatria”, e con quest’ultima, va impostato un percorso terapeutico, che sarà commisurato alla patologia che lo Psichiatra vi formulerà.

Anche in questo caso, cercate di capire se la diagnosi della patologia psichiatrica che formuleranno è esatta, perché troppo spesso ho visto etichettare la stessa diagnosi su persone con sintomi ben diversi tra loro…”Come fare?”... attraverso l’informazione, lo studio, la lettura e quindi la conoscenza dei sintomi tipici, delle patologie psichiatriche principali.

Se la diagnosi non vi convince, provate a valutarla tramite altri consulti, con diversi Specialisti. Convincersi che la diagnosi è quella giusta, permette di scegliere la conseguente terapia, evitando il più possibile devastanti errori di percorso.



Quindi riassumendo, bisogna conoscere le varie patologie che possono creare i nostri disturbi, conoscere quali sono i modi migliori per diagnosticarle, conoscere quali sono i modi migliori per curarle.



Sono d’accordo con voi, che tutto questo dovrebbe essere compito dei Medici, chi sta male di certo fa estrema fatica a seguire un percorso informativo del genere, lo stesso dicasi per i suoi familiari, ma avete letto cosa è successo a mia madre?... Io sono stato costretto a seguire questa via e spero che i lettori di questo mio racconto, traggano qualche informazione in più, rispetto a quello che normalmente chi dovrebbe informarti ti dice o peggio non ti dice.

Per aiutarvi, in questo difficile cammino, vi allegherò, come già detto in precedenza, delle dispense che mi sono state molto utili, l’argomento è vasto e questi allegati sono una piccola goccia nel mare delle informazioni, ma di certo raccolgono molte spiegazioni interessanti. 
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Il ruolo dei farmaci




Il Farmaco dovrebbe, in queste patologie, essere un valido aiuto per riequilibrare il funzionamento del nostro cervello e di conseguenza tutto quello, che di noi, dipende da esso.

I farmaci usati nella “Sofferenza mentale” vanno ad interagire con le sostanze che regolano il nostro comportamento (esempio: Noradrenalina, Serotonina, Dopamina ecc.), e ne permettono l’aumento o la diminuzione nel malato, allo scopo appunto, di riequilibrarlo.

Spesso invece, questi strumenti sono usati come “camicia di forza”, per bloccare l’esternare di questo nostro disequilibrio e, per far questo, spesso si prescrivono dosi eccessive, per assicurarsi che la”camicia di forza” funzioni, senza contare il business economico creato dall’abuso dei farmaci.

In realtà ogni individuo risponde al Farmaco in modo soggettivo, in base alle sue caratteristiche genetiche fisiologiche e a una serie di fattori che dipendono dall’esterno, cioè dall’ambiente in cui l’ammalato interagisce.

Non nego, che alla presenza di una crisi profonda, con tentativi autolesionistici o violenti, si debba intervenire per azzerare la possibilità, per chi soffre, di farsi del male o di fare del male ad altri.

Ma questi interventi devono essere limitati a brevissimi periodi, legati all’episodio di “crisi”, in seguito bisogna rimodulare la terapia e ridurla, per cercare di riequilibrare l’ammalato al meglio evitando di devastare le sue funzioni celebrali e quindi intellettive, altrimenti come si può interagire con una persona ridotta a uno zombi o a un vegetale.

Se uno psichiatra non riduce la dose di emergenza dopo una “crisi” o non cambia la terapia per lunghi periodi, mantenendo alti dosaggi o peggio addirittura fuori dalle prescrizioni del Farmaco stesso (il Bugiardino), sicuramente non sta facendo bene il suo lavoro.

Le Case farmaceutiche hanno operato numerosi e costosi test per valutare un prodotto prima che sia immesso nel mercato ed hanno tutto l’interesse di venderne il più possibile, vi pare che se potessero consigliare dosi più alte non lo farebbero??... Non superare mai la massima dose prevista dal Bugiardino, questa per me è una buona regola.

Negli ultimi anni sono state fatte interessanti scoperte, relative al funzionamento del nostro cervello e di conseguenza sono stati prodotti nuovi farmaci, più selettivi e con meno effetti collaterali, ma quest’ultimi non sono stati del tutto eliminati e bisogna sempre valutare quello che possono provocare.

Se compare, un sintomo negativo a seguito dell’assunzione di una terapia è fondamentale capire se è una conseguenza o meno della “pastiglietta” prescritta.

Bisogna quindi monitorare gli effetti collaterali e spiegarli allo Specialista, che purtroppo spesso non informa preventivamente l’ammalato.

Chiedete sempre, quali sono gli effetti negativi delle terapie e leggete sempre il Bugiardino.



Purtroppo il Farmaco è necessario come supporto a queste patologie, ma bisogna cercare di trovare ciò che interagisce meglio con il problema dell’ammalato, puntando a scegliere quello, che a parità di efficacia, crea minori effetti collaterali (anche se ce ne saranno sempre).

Personalmente cercavo di informarmi sugli ultimi ritrovati e relativi effetti collaterali, inoltre per ogni terapia che somministravano a mia madre, cercavo di capire com’era considerata dal Mondo Scientifico, quali i pregi, i difetti e la posologia consigliata.

Questo tipo di ricerca è di sicuro impegnativa, ma perlomeno come inizio, basterebbe leggere il Bugiardino e puntare alle dosi minime consigliate, per poi, dopo un ragionevole tempo, salire a dosi normali (o di mantenimento).

Per fortuna di solito, alcuni effetti collaterali, dopo un periodo di somministrazione, tendono a sparire.

Mi rendo conto che forse quello che scrivo, potrebbe essere interpretato come una guida al “fai da te”…..Errore!!....tutto quello che dico, deve essere concordato con lo Specialista di riferimento, se questi non vi soddisfa, cambiatelo, ma ogni decisione sulla terapia va  assolutamente definita, con lo Specialista, da soli si fanno spesso danni!!!



Nel caso di mia madre, avevo osservato, che a differenza di quanto era scritto nel Bugiardino, alcuni effetti collaterali insorgevano a dosi minori, era quindi evidente che alcuni farmaci le bastavano a dosi inferiori rispetto al normale utilizzo.

Non è quindi detto che un farmaco vada cambiato, può essere che la dose non sia quella giusta.

In ogni caso dopo un determinato periodo, il Farmaco deve dare anche effetti positivi, perché se permangono solo quelli negativi, allora di certo non è la terapia corretta.



Come conoscere, quanto tempo attendere per vedere i risultati, dopo l’inizio di una terapia??...

Questo è difficile a dirsi, dipende da soggetto a soggetto, ma volendo dare comunque una risposta, vi dico che un farmaco per le “Psicosi”(anche per la “schizofrenia”) interagisce quasi immediatamente dopo l’assunzione, e tenendo presente che è bene iniziare da dosi minime per evitare il più possibile la “sberla” degli effetti collaterali, diciamo che in una quindicina di giorni, si dovrebbe raggiungere,per gradi, la dose consigliata e quindi cominciare a vedere gli effetti positivi.

Fate attenzione alla possibilità di constatare effetti positivi anche a dosi minori, in quel caso allora fermatevi a quelle dosi, non salite, “meno Farmaco si prende e meglio è”.

Lo stesso discorso può essere associato anche agli “Ansiolitici”, spesso usati per le “crisi d’ansia”.

Il percorso invece di un “Antidepressivo” è diverso, infatti, inizialmente il Farmaco ha solo effetti negativi e comincia ad interagire positivamente, solo dopo circa un mese.

Il mio consiglio è di partire con la dose minima, per almeno la prima settimana, alla fine della seconda settimana portarsi alla dose consigliata e attendere altre due settimane per valutare se produce effetti positivi sul “malessere”.

Se l’ammalato, causa troppi disturbi negativi, non se la sente ad alzare per gradi la dose allora è consigliabile restare al livello minimo per circa trenta giorni e poi tirare le somme.

Questi tempi ovviamente, sono frutto di quello che ho letto e di quello che ho visto nel caso di mamma, ma credo siano un buono schema di percorso applicativo.

Rammentate sempre che, ogni terapia farmacologica è come un vestito, si deve trovare il vestito giusto per l’ammalato e aggiustarlo ad ogni cambiamento, sia fisico che di vita o addirittura di clima.

Molte persone sono, infatti, meteoropatiche, quando è “brutto tempo” hanno bisogno di un supporto maggiore, come pure le festività sono spesso momenti critici ed anche il peso corporeo di una persona è proporzionale alle dosi di Farmaco da assumere.



Vedete quante variabili ci sono?..sul tipo di malattia, sul tipo di terapia, cause interne ed esterne, ecc.

In definitiva, quando trovate una terapia che fa al caso vostro, evitate di cambiarla per nuove proposte, all’evenienza cambiate solo le dosi, secondo il periodo che state passando.

Non voglio dire che bisogna escludere la possibilità di cambiare una terapia per un nuovo prodotto, che promette risultati migliori, ma la cautela è d’obbligo, visto le numerose difficoltà già solo nel trovare una terapia adeguata.

In ogni caso è importante, che lo Specialista vi segua a ogni nuovo cambiamento, fino alla stabilizzazione della terapia stessa.

Per meglio monitorare l’andamento della terapia, l’ideale sarebbe una visita a settimana, fino alla stabilizzazione (in positivo ovviamente) del percorso farmacologico.

Purtroppo invece, siamo fortunati se vi fissano appuntamenti con cadenza mensile, sarà anche perché ci sono troppi pazienti, ma questa frequenza non è per nulla adeguata.



Per patologie invece, legate solo problemi organici interni, quelli che per intenderci sono di responsabilità dei Neurologi (vedi Capitolo precedente), ci sono farmaci per la tiroide, per aumentare la vascolarizzazione cerebrale, fino ad arrivare a terapie antitumorali o per le famose degenerazioni mentali quali Alzheimer o Parkinson, esistono farmaci che ne rallentano, ma purtroppo ancora non fermano, il decorso.



Errate terapie, adottate per troppo tempo, portano un ammalato di Depressione o di Psicosi a sfociare in una degenerazione mentale organica, i cui i danni al cervello si evidenziano in modo irreversibile; questo accade perché il nostro cervello, se usato male o stimolato in modo inappropriato da agenti esterni, come i farmaci, dopo un considerevole tempo, comincia a evidenziare danni interni, come quando uso un muscolo o un’articolazione in modo scorretto, alla fine si danneggia e perde la sua funzionalità.

Vedete quindi come tutto sia legato, non è detto che una degenerazione organica cerebrale sia fine a se stessa, ma può essere generata da una “sofferenza mentale” curata male per troppo tempo.

Ecco quindi che torna l’importanza nel valutare attentamente da subito tutte le possibili cause di una “sofferenza” e cercare, in conformità a tutte le informazioni raccolte, la cura più adeguata.



Dimenticavo di dirvi che esiste anche uno schema per cambiare la terapia farmacologica, se questa non ha dato risultati.

Se lo Specialista, vede che la “cura” impostata non funziona e ritiene di cambiare completamente il tipo di Farmaco…Attenzione!!.... se si tratta di un “antidepressivo” che viene sostituito con un altro tipo, la dismissione del primo antidepressivo deve avvenire per gradi e anche l’introduzione del secondo, è mio consiglio infatti, abbandonare il vecchio Farmaco dopo averlo ridotto per gradi dalla dose attuale alla dose minima, nell’arco di circa quindici giorni e contemporaneamente inserite il nuovo, con lo schema che vi ho suggerito in questo Capitolo.

Mentre se si tratta di una sostituzione di farmaci della categoria “Antipsicotici, Neurolettici” contro “Psicosi” o “Schizofrenia”, la sostituzione non richiede un periodo transitorio che comprenda contemporaneamente il vecchio ed il nuovo.

Anche questo schema, per cambiare una terapia a favore di un’altra, è il frutto di quello che ho letto e quello che ho provato nel mio “caso”.

Troppo frequentemente mi sono imbattuto in Psichiatri che hanno cambiato senza gradualità la cura, producendo l’effetto “ping pong” nella testa di mia madre.



“Ma il Farmaco, ammesso che sia quello giusto, è sufficiente alla soluzione del problema???”.... Assolutamente No!!



Vi ricordate quando ho parlato del “Team vincente”?.. Delle collaborazioni che bisogna creare per impostare un percorso terapeutico efficace?... E’ importante sapere che il Farmaco è un valido sostegno, ma fa parte di una squadra di giocatori che devono interagire fra loro, se manca un giocatore…la squadra non vince.

Il Farmaco da solo non basta, nemmeno nel caso in cui il problema sia una conseguenza di un’evidente malattia interna e organica e quindi sotto esclusiva responsabilità di “Neurologia”.

In questo caso sarà “Neurologia” a indicare il percorso terapeutico, ben delineato una volta diagnosticata la patologia.
Il Farmaco, che in questa situazione assume una funzione principale, necessita comunque anche di altri sostegni.
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